domenica 8 novembre 2015

OSSERVAZIONI SU MONTAGNA 2004
Qualche osservazione su “Segni, simboli e sacralità arcaica nella thòlos della Gurfa” dell’architetto e storico dell’arte Carmelo Montagna[1].
Giovanni Mannino

Lo studio si articola in paragrafi  di cui ricopio il titolo in grassetto riportando le mie osservazioni.

A.Introduzione (p.47). 
“Il suo continuo riuso, con scopi abitativi ed attività di lavoro diverse da quelle originarie, ha determinato una serie di adattamenti che si sono stratificati negli ingrottati e sono difficili da leggere e riordinare cronologicamente” (Montagna 2004:47).  Condivido.        


B. Preliminari (p.49).
Se l’aggettivo preliminari ha il significato di “prima di entrare in materia” o “premessa a ciò che verrà detto” vedo incompatibili espressioni come le seguenti: “Alla Gurfa siamo in presenza di uno straordinario “palazzo” arcaico, quasi un “castello” fiabesco rimasto invisibile”. “Eppure, a nostro parere, la thòlos della Gurfa, con il suo insediamento rupestre ed il contesto paesaggistico sul quale si inserisce, possiede i caratteri architettonici della “visione del mondo”. Preliminari sono invece le domande: “Chi ha fatto questo monumento?” e quelle che seguono.
Più avanti l’Autore cade nell’errore grossolano di affidarsi ad un’altrui citazione senza controllare la fonte. E’ un errore sul quale non mi accanisco ben comprendendo la delusione di Montagna che scrive: “Per rispondere a queste domande purtroppo alla Gurfa non abbiamo avuto la fortuna di avere il contributo fondamentale del grande archeologo, ad eccezione dell’intuizione importante di Paolo Orsi” (Montagna 2004:52, nota 14).
La nota 14 recita: La stessa S. Braida, nel suo “Le Grotte della Gurfa”, in “Incontri e iniziative, Memorie del centro di cultura di Cefalù” n°1/1984, pag.40, citando Paolo Orsi (“Le tombe a forno in Sicilia”, in “Pantalica e Cassibile”, (Roma 1897, pag.42), così scrive: “Paolo Orsi le visitò alla fine del XIX sec. attribuendole al mitico popolo pelasgico, e fu il primo a dare un’accettabile collocazione storica a questo complesso monumentale”.


[1]  In “Sulle tracce di Minosse, luoghi, sacralità e misteri. Un percorso inedito nel cuore  della  Sicilia protostorica”, Atti del 3° Convegno di Studi sulla Thòlos della Gurfa, a cura di Carmelo Montagna, Alia 3 luglio 2004, pp.47-145.


Nel volume “Pantalica e Cassibile necropoli sicule del II periodo”, in Monumenti Antichi dei Lincei, Roma, Vol.1, IX, 1899 (no 1897), coll.7-118, non si legge “Le tombe a forno in Sicilia”. Il titolo indicato dal Silvana Braida e ripetuto da Montagna non esiste nella “Bibliografia di Paolo Orsi” pubblicata nel Bullettino di Paletnologia Italiana e neppure nella “Bibliografia della preistoria e protostoria della Sicilia e delle isole minori”, a cura di E. Procelli, Istituto Italiano di Preistoria e  Protostoria,  Firenze, 2005. Non mi risulta che Paolo Orsi abbia visto o menzionato il monumento rupestre della Gurfa.

Beit Gruvin, Maresca (Israele).

In quanto all’auspicata “missione di scavo ad opera di specialisti” è un sano consiglio, la Soprintendenza li ha già compiuti .

“Nell’ambito dell’istituzione del parco sub-urbano di Alia, scrive Monica Chiovaro, Archeologa della Soprintendenza di Palermo, sono stati realizzati nove saggi  scavati nel 1998 dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, per verificare l’esistenza di strati archeologici e di strutture che potessero fare luce sul problema cronologico della Gurfa. Le ricerche, realizzate sia nella parte antistante le grotte, sia nell’area prossima alle tombe a grotticella, non hanno portato alla luce alcun tipo di rinvenimento. Gli strati di terra si presentavano sconvolti e non sono state intercettate tracce di strutture. Inoltre, i pochi frammenti consunti di ceramica acroma rinvenuti non sembrano essere inquadrabili con precisione in un ambito cronologico definito.  Molti di questi saggi sono stati addirittura sterili dal punto di vista archeologico; ciò è probabilmente dovuto sia all’uso continuo dell’area, sia alla sostanziale povertà dell’insediamento e forse anche alla stessa conformazione orografica del massiccio  roccioso.  Purtroppo, l’indagine archeologica condotta non ha conseguito risultati rilevanti al fine dell’interpretazione  e della datazione del complesso; probabilmente,  la possibilità di eseguire saggi dove l’interramento è maggiore, cioè a Sud dello spiazzo antistante le grotte, potrebbe forse offrire nuovi dati utili alla comprensione di questo significativo monumento dell’architettura rupestre di Sicilia” (Chiovaro 2009).
Montagna prosegue (p.54): “Fra le poche <certezze> che abbiamo sulla Gurfa… è la thòlos più grande del Mediterraneo… per quello che finora ne sappiamo- la più grande del mondo”. Nell’altra sponda del Mediterraneo un esempio ancora più maestoso lo troviamo nel National Park   di Beit Gruvin, Maresca  (Israele).
Altra esagerazione sta nel triplicare la cubatura della thòlos: “più di duemila metri  cubi di scavo in roccia”. Pietro Marescalchi e Monica Modica, dell’ateneo di Palermo, autori dell’ultimo rilievo  computazionale della Gurfa, hanno calcolato il volume di tutti gli ambienti in mc 1703 e quello della tholos in mc 714 (Marescalchi, Modica 1995:73).
Priva di ogni ragionevole validità è la demolizione ipotizzata da Montagna:“la parte della costruzione “esterna” dell’insediamento rupestre attualmente visibile”  viene da lui datata  al 480 a.C.

Prosegue: “Un altro punto fermo di partenza è costituito dalla testimonianza del Tirrito, antecedente al 1873, sulla presenza di “geroglifici” esterni sulle pareti della Gurfa”. La presenza di “geroglifici” in Sicilia è definita da Benedetto Rocco “impossibile -si direbbe assurda(Rocco 1995:49).



 L’iscrizione di poche “lettere” su Melqart decifrata da  Rocco  spinge lo stesso Rocco ad affermare che: “Le difficoltà di decifrare sono molteplici: lo stato pietoso delle incisioni, a volta abrase o alterate dalle vicissitudini del tempo, a volte scomparse del tutto; l’annerimento della superficie iscritta, specialmente nella metà superiore della conca che ospita i segni millenari, dovuto alla proliferazione di funghetti o di muschio, che uniti al terriccio o al pulviscolo atmosferico- hanno colmato i solchi epigrafici, offrendo una visione disarmante anche all’epigrafista più esperto” (Rocco 1995:50). Un epigrafista esperto  avrebbe certamente intuito che un’iscrizione, anche se profondamente scolpita nella roccia della Gurfa, non avrebbe potuto sopravvivere per alcuni millenni e forse si sarebbe reso conto che, più della mano fenicia, i tratti un po' scomposti erano “guasti” prodotti dalla vegetazione rampicante e da lucertole. Lo stesso Montagna sottoscrive quanto ho sopra  riportato  da Rocco. “Io stesso, scrive Montagna, ho rilevato l’iscrizione del simbolo cristiano “I H S” sullo stipide sinistro del vano d’accesso alla thòlos, visibile in foto allegate, che ho scattato circa 15 anni fa, adesso purtroppo illeggibile” (Montagna 2004:56).


Le “grotte” della Gurfa

C. Ricognizioni. C.a (p.56).
Montagna scopre due tipologie di tholoi , con e senza oculo luminoso e ne spiega la differente destinazione: da quella funeraria a quella “celebrativo e templare”, ed altre. Riassume: “La thòlos della Gurfa rientra perciò nella suggestiva dimensione sacrale dell’architettura protostorica, destinata ritualmente al dominio culturale sullo scorrere del tempo, nella sua circolarità mitica e perenne” (Montagna 2004:57); fra le numerose destinazioni non rimane sfiorato dall'idea che possa trattarsi di fossa  granaria, la sola ad avere nell’oculo l’unico accesso.

Cb (p.58).
All’interno della thòlos c’è una nicchia, per Montagna “Si tratta di una sorta di piccola abside”.  Delle  interpretazioni date debbo pur dire di non aver capito assolutamente nulla, e lascio allo stesso Montagna concludere:Il assenza di altre certezze sospendiamo qui il giudizio”(Montagna 2004:58).

Cc (p.58.) “Dentro la thòlos della Gurfa  ci sono grandi fessurazioni della roccia che attraversano l’intero ambiente campaniforme”. “All’apparenza sembrano segni di discontinuità litica di origine geologica, prive di interesse archeologico o architettonico” (Montagna 2004:58). Mi associo all’apparenza. Le fessurazioni che interessano l’ambiente campaniforme, come le altre sparse per la collina, il “megalite” ed i tanti massi che occupano la parte occidentale del parco, in alcuni dei quali sono scavate delle tombe, sono legate a fasi tettoniche di epoche diverse che hanno coinvolto in minima parte la massa rocciosa.

Cd (p.60).
“Tutte le aperture degli ambienti della Gurfa sono rivolte verso la valle del fiume Platani”. Il complesso rupestre della Gurfa è scavato in “arenacee conglomeratiche  Oligo-Mioceniche”, così recita la carta geologica (Abate et alii ), assai duttili di aspetto collinare in più lati e nel lato occidentale a falesia, alta una trentina di metri al culmine, che non raggiunge il chilometro,  orientata Ovest Est. L’esposizione degli ambienti scavati alla Gurfa è necessariamente rivolta a Sud, casualmente guarda la valle del Platani. A questa frase iniziale segue un groviglio di citazioni: nomi di cittadine, di località, di culture diverse, di età preistoriche e non, che non hanno nulla a che vedere col monumento “Grotte della Gurfa”.

C.e (p.64).
L’architetto Montagna riferisce del vasto ambiente del piano terra, di circa 400 mq, che ha la caratteristica  di avere il tetto a due spioventi, o “a tenda” o “alla saracina” (Leone Cardinale 1907).   
Quest’ambiente ha un proprio ingresso dal piazzale e pure un corridoio anch’esso scavato, che lo collega con l’ambiente a tholos. “Evidente, scrive Montagna, è la sua destinazione originaria: una grande camera funeraria, con due lunghi letti di posa parietali” (Montagna 2004:65) destinata come dirà più avanti , ad accogliere le spoglie mortali di Minosse. L’idea di Minosse alla Gurfa nasce dalla “felice” intuizione di Bendetto Rocco che vide “sovrapponibile” la sezione verticale degli ambienti del piano terra della Gurfa alla sezione verticale del tesoro d’Atreo di Micene (Rocco 1995:54-63).



Grotte della Gurfa. Pianta della tholos di Micene e della tholos di Alia sovrapposte. Sezione della tholos di Micene e della tholos di Alia sovrapposte. Da B. Rocco 1995.

Debbo ricordare che l’esistenza di questo camerone è, a parer mio, alquanto recente se si condivide quanto scrive della Gurfa uno storico molto stimato, Luigi Tirrito.
L’architetto Carmelo Montagna scrive in proposito:“Sulla Città e Comarca di Castronovo di Sicilia”di Luigi Tirrito, stampato a Palermo nel 1873 in due volumi, è un’opera di ricerca storica indispensabile per chi vuole documentarsi sul territorio che gravita sulla Comarca di Castronovo di Sicilia. Per le notizie che ci dà sulla Gurfa di Alia è addirittura consultazione indispensabile ma di difficile reperimento”. Fa seguire il testo di Tirrito riguardante la Gurfa: “Sono notabile presso la casa ove sedea l’amministratore di Gurfa due grotte cavate nella collina; una a pian terreno, della forma di una campana che prender luce dalla porta e da un foro nel culmine della stessa; un’altra a pochi passi di distanza, divisa in tre stanze, con un salone centrale, comenicantesi fra di loro per vani di finestre. vi si salisce per una scala di sette grafini cavati nel sasso. In una di esse stanze evvi una cisterna, di cui s’ignora la profondità. Si veggono nel frontespizio di questa grotta geroglifici logori”(Tirrito 1873:182).
Le Grotte della Gurfa descritte da Luigi Tirrito 1873
 C.f (p.66).
“Il grande “megalite” esterno alla thòlos, sul pianoro di accesso agli ambienti, a nostro parere, ha l’aria  di essere la parte più antica che si vede alla Gurfa”. Certamente ! ha la stessa età della montagna !

Il "megalite esterno", secondo C. Montagna 2004, fig 25

Del lungo discorso che segue non ho nulla capito né  il contesto nè ancor meno il nesso col monumento rupestre. Non è il caso di richiamare il significato etimologico ma almeno ricordare il significato di megalite: grande masso grezzo o appena sbozzato, infisso nel terreno, non sempre con funzioni religiose o funerarie; tutto il resto è fantasia.   Il  megalite a cui fa riferimento Montagna è un masso molto più grande di tanti altri generati dal collasso della collina che diede luogo all’attuale falesia.
Della vasta area di frane resta intonsa la parte settentrionale del parco ove risiedono le tombe della necropoli preistorica mentre le altre frane sono state rimosse per creare il piazzale di accesso alle cavità del piano terra di più recente realizzazione.
Grotte della Gurfa, pianta e sezione del primo livello. Da P. Marescalchi 1995.

C.g (p.68).
In questo paragrafo descrive le quattro “stanze” del primo piano. Alla descrizione puntuale dei vasti ambienti Montagna si avventura, non entro nel merito, a narrare complesse destinazioni d’uso e di rituali necessitari di una reggia, impossibili da compiere negli attuali 193 metri quadri di superficie disponibile.
Fra le tante riflessioni, l’autore, si sofferma sui “misteriosi fori doppi passanti, i “rope holes” (fori da fune), presenti in tutti gli angoli degli ambienti messi in evidenza da Silvana Braida e dalla stessa rapportati ai fori binari presenti nell’ipogeo maltese di Hal Saflieni” (Montagna 2004:70). Si può dire siano state paragonati  due fenomeni di specie diversa.

Grotte della Gurfa, pianta  del secondo livello. Da P. Marescalchi 1995.

D. Qualche prima conclusione (p.71).

Come sempre non riesco a seguire i concetti espressi e, per tema di errare nel riassumerli, copio un tratto integralmente: “La thòlos della Guirfa è la realizzazione completa e visibile della possibilità di contatto salvifico con il sovrasensibile e con l’idea di una divinità superiore,  che l'uomo protostorico ha già perfettamente delineato. E’ la risposta architettonica arcaica che, qui come altrove nel Mediterraneo ed in Mesopotamia, fra il III ed il II millennio a.C. viene data alla domanda fondamentale sul senso della vita ed al perché della morte. E’ la realizzazione funeraria e rituale per il viaggio ultimo nel post-mortem dell’autorità spirituale che esercita la responsabilità del comando nel gruppo sociale e che garantisce la trasmissione “iniziatica della “regalità” del potere attraverso il rito ed  il culto  templare che si tramanda ne suo santuario” (Montagna 2004:73).

Grotte della Gurfa, sezione del secondo livello. Da P. Marescalchi 1885.

E.1.  La problematica megalitica alla Gurfa (p.74).
In questo paragrafo Montagna mescola argomenti che non riesco a seguire e chiedo: Che nesso vi è fra il monumento rupestre della Gurfa, il “megalitismo europeo e siciliano”, il “menhir esterno” sic., il “Bicchiere campaniforme” di cui parla ? Lo studioso afferma: “Alla obiezione che alla Gurfa non è mai stato trovato il Bicchiere o qualche suo reperto, rispondiamo con un’altra domanda <ma è mai stato cercato dall’archeologia ufficiale>”? Chi mai ha obbiettato!


E.2  Il sostrato egeo-minoico e la saga di Minosse-Dedalo-Kokalos alla Gurfa (p.77).
Leggende, miti, indizi non fanno parte dell’archeologia  che chiede documentazione inconfutabile. Discuto soltanto un “reperto” che secondo Montagna assume testimonianza archeologica; scrive: “L’iscrizione rinvenuta alla Gurfa da Benedetto Rocco su Melqart/Eracle e Ashtart, già citata, è   da inserire prettamente nel processo di continuità e sovrapposizione fra i culti di Minosse ed Eraclea in Sicilia” “Ipotizza perciò Benedetto Rocco sull’iscrizione riferita al Merqart/Eracle <…la trasformazione della Gurfa a luogo di culto fenicio, o l’offerta, da parte di un devoto, di un vistoso dono votivo, tale da richiedere una menzione speciale per i secoli futuri>” (Montagna 2004:86-87).
Vaso campaniforme

Non entro nel merito dell’interpretazione e neppure sull’identificazione dei caratteri fenici, latini, greci o d’altro. Posso affermare, ripetendomi, che i caratteri, comunque letti, e presentati esclusivamente con un fac-simile, il che non è scientifico, non sono segni  prodotti intenzionalmente sulla roccia ma sono “guasti”, piuttosto labili, prodotti dalla vegetazione ed anche dalle lucertole. Non a caso la “scoperta”, molto importante se fosse stata vera, non ha trovato accoglienza nel mondo scientifico.


Grotte della Gurfa. “Santuario triangolare” alla Gurfa. Da C. Montagna 2007.


Grotte della Gurfa.  Frammento di “idoletto” dentro il vano “triangolare alla Gurfa. 
               Da  C. Montagna 2007.


Grotte della Gurfa. “Postazione di difesa e controllo del territorio lungo la via d’accesso”.
          Da C. Montagna 2004.

E.3. Iconologia e simboli alla thòlos della Gurfa (p.95).
Con una certa fatica ho letto anche le pagine che concludono lo studio perché mi è occorsa molta attenzione essendo estranei per me miti, leggende e raffronti incomprensibili; fra i nomi che ho letto: Goethe, Mario Botta, San Bonaventura, Platone, Plutarco, il Pantheon a Roma, (la) Cappella Palatina di Palermo.
Per concludere, un periodo: “In chiusura d’indagine, scrive Montagna, ci sembra di potere affermare che alla thòlos  della Gurfa opera uno dei grandi architetti della protostoria siciliana, almeno fino alla costruzione già in tempo storico del tempio di Eracle ad Agrigento (fine del VI sec. a.C.) , o del tempio di Apollo a Siracusa (inizi VI sec. a.C., forse il più antico di Sicilia). In assenza di altri riscontri, molto probabilmente è da identificare con la stessa figura mitologica di Daidaleos-Dedalo, impegnato nella  realizzazione della sepoltura della figura mitologica di Minos-Minosse in Sikania”. (Montagna 2004:111).
Le “grotte” della Gurfa e la fossa granaria prima della visita di Luigi Tirrito (1873).


Ringrazio Franca Padronaggio per la revisione del testo






BIBLIOGRAFIA

-AA.VV.- “Sulle tracce di Minosse, luoghi, sacralità e Misteri”, a cura di C. Montagna, Palermo
-Abate B., Renda P., Tramutoli M., 1968 – “Carta geologica dei Monti di Termini Imerese e delle Madonie occidentali”, Università di Palermo
-Calderone G., 1892 – “Le antichità siciliane in specie Memorie Storico-Geografiche di Marineo”, Palermo, I, I, p.67.
-Chiovaro M., Brunazzi V., “La Gurfa e l’evidenza monumentale ed i saggi archeologici”, in <Atti  Giornata di Studio la Gurfa ed il suo territorio>, CNR, in stampa.
-Guccione E., 1991 – “Storia di Alia 1615-1860”, Palermo.
-Leone Cardinale L., 1907 – “Alia” in Dizionario illustrato dei comuni di Sicilia” a cura di Nicotra F., Palermo.
-Mannino G., 1989 – “Le Grotte della Gurfa”, in <Espero>, Palermo, I, 6, p.15.
-Marescalchi P., Modica M., 1995 -“Il rilievo (della Gurfa)”, in <La Gurfa ed il Mediterraneo>, Palermo, pp.67-76.
-Maurici  F., 1998 – “L’insediamento medievale nel territorio della provincia di Palermo”, Palermo, p.84, ivi bibl. precedente.
-Montagna C., 2004 – “Segni, Simboli e Sacralità arcaica alla thòlos della Gurfa”, in AA.VV. 2004.
-Montagna C., 2007 – “Thòlos e Tridente, il simbolo del tridente e la civiltà della thòlos nella valle del Platani, Palermo.
-Montagna C., 2009 – “Il tesoro di Minosse, l’architettura della Gurfa di Alia fra Preistoria e Misteri”, Palermo.
-Montagna C., 2014 – “Thòs: struttura di culto, potere e salvezza nell’architettura protostorica siciliana. Luoghi, reperti e relazioni fra mito e realtà del paesaggio archeologico”, in <Santi, Santiari, Pellegrinaggi>
-Rocco B., 1995 – “Mediterranei e Fenici alla Gurfa di Alia”, in <La Gurfa ed il Mediterraneo>, Palermo, pp.45-66.
-Runfola M., 1978 – “Le Grotte della Gurfa fra mito e realtà”, in <Novalia>, Alia, n.1, p.15.
-Tirrito L., 1973 – “Sulla città e Comarca di Castronovo di Sicilia”, Palermo, p.183.




















3 commenti:

  1. Sono Carmelo Montagna, autore citato da G. Mannino.
    Segnalo ai lettori che volessero approfondire l'argomento e le critiche rivolte alle mie ricerche sulla Gurfa che le mie controdeduzioni sono reperibili all'indirizzo web:
    http://thestorytellerspost.com/risposta-g-mannino-sullo-strano-granaio-delle-grotte-della-gurfa/
    Grazie dell’ospitalità e dell’attenzione. C. Montagna

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    1. Mi permetto di rispondere all'Autore di codesto articolo, ricordandogli una mancanza, nelle sue analisi: la presenza di una necropoli (di età Sicana), presente sulla parte superiore del sito.
      Tale necropoli ci indica che, già in epoca sicana, tali luoghi furono abitati. Chi ha scavato la struttura presa in considerazione dal Suo articolo e dalle ipotesi dell'Architetto Montagna, si è sicuramente accorto della necropoli e del santuario triangolare (citato, anche da Lei, nel Suo articolo) e, pertanto, si potrebbe già da questo particolare, escludere la realizzazione del complesso a fini di "Granaio/magazzino" e la sua natura medievale!
      Sul chi ha creato ciò e sul perché, il dibattito rimane aperto, in assenza di reperti archeologici che chiariscano, definitivamente, la destinazione e la cultura del luogo ma, ripeto, la necropoli esclude, sicuramente, la realizzazione medievale!
      Non vi sono luoghi medievale, di utilizzo "deposito/granaio" realizzati nei pressi di necropoli!
      Cordiali Saluti.
      Gioacchino Ganci.

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  2. Io mi chiamo Gianluca Lo Bue e sono un Archeologo classico. Sono cresciuto ad Alia, ma questo poco importa... Volevo innanzitutto ringraziare il dott. Mannino per aver finalmente messo in evidenza il grado di fantasia storico-archeologia a cui alcuni personaggi, storici locali possono arrivare, affrontando studi e/o ricerche archeologiche senza alcuna base metodologico-scientifica.
    Da molti anni ormai sono sostenitore della necessità di una "Carta Archeologica" dell'intero territorio aliese, ergo di uno studio di prospezione preliminare sul campo, con metodologie storico-topografiche che meglio riuscirebbero a far comprendere le varie presenze e coesistenze storiche nel territorio e , cosa più importante, potrebbero mettere in luce i cosí tanti osannati reperti.
    Da Archeologo so bene che un'indagine preliminare del territorio, visiva e bibliografica, e il primo passo verso la corretta interpretazione di qualsiasi sito, escluso ovviamente i ritrovamenti fortuiti.

    Per rispondere poi all'amico Gioacchino Ganci: perchè mai la presenza di una necropoli nelle vicinanze dovrebbe escludere la destinazione d'uso differente di un altro rudere o edificio che sia?
    Ricordo ancora le parole del mio Professore di Topografia Antica P.A. Gianfrotta: "ricordate sempre che non si può analizzare il passato senza essere capaci di leggere bene il presente..."
    Gentile Gioacchino, quante volte oggi sei in presenza di installazioni di stivaggio materiali e/o depositi vari che si trovano in prossimità di luoghi di culto? (vedi esempio dei Silos prima de cimitero di Lercara Friddi, peraltro in area extra-urbana).
    Continuando, perché mai una presenza sicana dovrebbe escludere nel territorio adiacente una successiva presenza medievale? non capisco?

    Cordiali saluti
    Gianluca Lo Bue

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