OSSERVAZIONI SU MONTAGNA 2004
Qualche osservazione su “Segni, simboli e sacralità arcaica nella thòlos della Gurfa” dell’architetto
e storico dell’arte Carmelo Montagna[1].
Giovanni Mannino
Lo
studio si articola in paragrafi di cui ricopio il titolo in grassetto
riportando le mie osservazioni.
A.Introduzione (p.47).
“Il suo continuo riuso, con scopi
abitativi ed attività di lavoro diverse da quelle originarie, ha determinato
una serie di adattamenti che si sono stratificati negli ingrottati e sono difficili
da leggere e riordinare cronologicamente” (Montagna 2004:47). Condivido.
B. Preliminari (p.49).
Se
l’aggettivo preliminari ha il
significato di “prima di entrare in materia” o “premessa a ciò che verrà detto”
vedo incompatibili espressioni come le seguenti: “Alla Gurfa siamo in presenza di uno straordinario “palazzo” arcaico,
quasi un “castello” fiabesco rimasto invisibile”. “Eppure, a nostro parere, la
thòlos della Gurfa, con il suo insediamento rupestre ed il contesto
paesaggistico sul quale si inserisce, possiede i caratteri architettonici della
“visione del mondo”. Preliminari sono invece le domande: “Chi ha fatto questo monumento?” e quelle
che seguono.
Più
avanti l’Autore cade nell’errore grossolano di affidarsi ad un’altrui citazione
senza controllare la fonte. E’ un errore sul quale non mi accanisco ben
comprendendo la delusione di Montagna che scrive: “Per rispondere a queste domande purtroppo alla Gurfa non abbiamo avuto
la fortuna di avere il contributo fondamentale del grande archeologo, ad
eccezione dell’intuizione importante di Paolo Orsi” (Montagna 2004:52, nota 14).
La
nota 14 recita: La stessa S. Braida, nel suo “Le Grotte della Gurfa”, in “Incontri
e iniziative, Memorie del centro di cultura di Cefalù” n°1/1984, pag.40,
citando Paolo Orsi (“Le tombe a forno in
Sicilia”, in “Pantalica e Cassibile”, (Roma 1897, pag.42), così scrive: “Paolo Orsi le visitò alla fine del XIX sec.
attribuendole al mitico popolo pelasgico, e fu il primo a dare un’accettabile
collocazione storica a questo complesso monumentale”.
[1]
In
“Sulle
tracce di Minosse, luoghi, sacralità e misteri. Un percorso inedito nel
cuore della Sicilia protostorica”, Atti del 3°
Convegno di Studi sulla Thòlos della Gurfa, a cura di Carmelo Montagna, Alia 3
luglio 2004, pp.47-145.
Nel
volume “Pantalica e Cassibile necropoli
sicule del II periodo”, in Monumenti Antichi dei Lincei, Roma, Vol.1, IX,
1899 (no 1897), coll.7-118, non si legge “Le
tombe a forno in Sicilia”. Il titolo indicato dal Silvana Braida e ripetuto
da Montagna non esiste nella “Bibliografia di Paolo Orsi” pubblicata nel
Bullettino di Paletnologia Italiana e neppure nella “Bibliografia della
preistoria e protostoria della Sicilia e delle isole minori”, a cura di E.
Procelli, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria,
Firenze, 2005. Non mi risulta che Paolo
Orsi abbia visto o menzionato il monumento rupestre della Gurfa.
Beit Gruvin, Maresca (Israele).
In
quanto all’auspicata “missione di scavo
ad opera di specialisti” è un sano consiglio, la Soprintendenza li ha già
compiuti .
“Nell’ambito
dell’istituzione del parco sub-urbano di Alia, scrive Monica Chiovaro, Archeologa della Soprintendenza di Palermo, sono stati realizzati nove saggi scavati nel 1998 dalla Soprintendenza ai Beni
Culturali e Ambientali di Palermo, per verificare l’esistenza di strati
archeologici e di strutture che potessero fare luce sul problema cronologico
della Gurfa. Le
ricerche, realizzate sia nella parte antistante le grotte, sia nell’area prossima alle tombe
a grotticella, non hanno portato alla luce
alcun tipo di rinvenimento. Gli strati di terra si presentavano sconvolti e non
sono state intercettate tracce di strutture. Inoltre, i pochi frammenti
consunti di ceramica acroma rinvenuti non sembrano essere inquadrabili con
precisione in un ambito cronologico definito.
Molti di questi saggi sono stati addirittura sterili dal punto di vista
archeologico; ciò è probabilmente dovuto sia all’uso continuo dell’area, sia alla sostanziale povertà dell’insediamento e forse
anche alla stessa conformazione orografica del massiccio roccioso. Purtroppo, l’indagine archeologica condotta
non ha conseguito risultati rilevanti al fine dell’interpretazione e della datazione del complesso;
probabilmente, la possibilità di eseguire
saggi dove l’interramento è maggiore, cioè a Sud dello spiazzo antistante le
grotte, potrebbe forse offrire nuovi dati utili alla comprensione di questo
significativo monumento dell’architettura rupestre di Sicilia” (Chiovaro 2009).
Montagna
prosegue (p.54): “Fra le poche
<certezze> che abbiamo sulla Gurfa… è la thòlos più grande del
Mediterraneo… per quello che finora ne sappiamo- la più grande del mondo”.
Nell’altra sponda del Mediterraneo un esempio ancora più maestoso lo troviamo
nel National Park di Beit Gruvin,
Maresca (Israele).
Altra
esagerazione sta nel triplicare la cubatura della thòlos: “più di duemila metri cubi di
scavo in roccia”. Pietro Marescalchi e Monica Modica, dell’ateneo di
Palermo, autori dell’ultimo rilievo computazionale
della Gurfa, hanno calcolato il volume di tutti gli ambienti in mc 1703 e
quello della tholos in mc 714 (Marescalchi, Modica
1995:73).
Priva
di ogni ragionevole validità è la demolizione
ipotizzata da Montagna:“la parte
della costruzione “esterna” dell’insediamento rupestre attualmente visibile”
viene da lui
datata al 480 a.C.
Prosegue:
“Un altro punto fermo di partenza è
costituito dalla testimonianza del Tirrito, antecedente al 1873, sulla presenza
di “geroglifici” esterni sulle pareti della Gurfa”. La presenza di
“geroglifici” in Sicilia è definita da Benedetto Rocco “impossibile -si direbbe assurda” (Rocco
1995:49).
L’iscrizione di poche “lettere” su Melqart
decifrata da Rocco
spinge lo stesso Rocco ad affermare che:
“Le difficoltà di decifrare sono
molteplici: lo stato pietoso delle incisioni, a volta abrase o alterate dalle
vicissitudini del tempo, a volte scomparse del tutto; l’annerimento della
superficie iscritta, specialmente nella metà superiore della conca che ospita i
segni millenari, dovuto alla proliferazione di funghetti o di muschio, che
uniti al terriccio o al pulviscolo atmosferico- hanno colmato i solchi
epigrafici, offrendo una visione disarmante anche all’epigrafista più esperto”
(Rocco 1995:50). Un epigrafista esperto
avrebbe certamente intuito che un’iscrizione, anche se profondamente
scolpita nella roccia della Gurfa, non avrebbe potuto sopravvivere per alcuni
millenni e forse si sarebbe reso conto che, più della mano fenicia, i tratti un
po' scomposti erano “guasti” prodotti dalla vegetazione rampicante e da
lucertole. Lo stesso Montagna sottoscrive quanto ho sopra riportato da Rocco. “Io
stesso, scrive Montagna, ho rilevato
l’iscrizione del simbolo cristiano “I H S” sullo stipide sinistro del vano
d’accesso alla thòlos, visibile in foto allegate, che ho scattato circa 15 anni
fa, adesso purtroppo illeggibile” (Montagna
2004:56).
Le “grotte” della Gurfa
C. Ricognizioni.
C.a (p.56).
Montagna
scopre due tipologie di tholoi , con e senza oculo luminoso e ne spiega la
differente destinazione: da quella funeraria a quella “celebrativo e templare”, ed altre. Riassume: “La thòlos della Gurfa rientra perciò nella suggestiva dimensione
sacrale dell’architettura protostorica, destinata ritualmente al dominio
culturale sullo scorrere del tempo, nella sua circolarità mitica e perenne”
(Montagna 2004:57); fra le numerose destinazioni
non rimane sfiorato dall'idea che possa trattarsi di
fossa granaria, la sola ad avere
nell’oculo l’unico accesso.
Cb (p.58).
All’interno
della thòlos c’è una nicchia, per Montagna “Si
tratta di una sorta di piccola abside”. Delle interpretazioni date debbo pur dire di non
aver capito assolutamente nulla, e lascio allo stesso Montagna concludere:“Il assenza di altre certezze sospendiamo qui
il giudizio”(Montagna 2004:58).
Cc (p.58.) “Dentro la thòlos della Gurfa ci sono grandi fessurazioni della roccia che
attraversano l’intero ambiente campaniforme”. “All’apparenza sembrano segni di discontinuità litica di origine geologica,
prive di interesse archeologico o architettonico” (Montagna
2004:58). Mi associo all’apparenza. Le fessurazioni che interessano
l’ambiente campaniforme, come le altre sparse per la collina, il “megalite” ed
i tanti massi che occupano la parte occidentale del parco, in alcuni dei quali
sono scavate delle tombe, sono legate a fasi tettoniche di epoche diverse che
hanno coinvolto in minima parte la massa rocciosa.
Cd (p.60).
“Tutte le
aperture degli ambienti della Gurfa sono rivolte verso la valle del fiume
Platani”.
Il complesso rupestre della Gurfa è scavato in “arenacee conglomeratiche
Oligo-Mioceniche”, così recita la carta geologica (Abate et alii ), assai duttili di aspetto collinare
in più lati e nel lato occidentale a falesia, alta una trentina di metri al
culmine, che non raggiunge il chilometro,
orientata Ovest Est. L’esposizione degli ambienti scavati alla Gurfa è
necessariamente rivolta a Sud, casualmente guarda la valle del Platani. A
questa frase iniziale segue un groviglio di citazioni: nomi di cittadine, di
località, di culture diverse, di età preistoriche e non, che non hanno nulla a
che vedere col monumento “Grotte della Gurfa”.
C.e (p.64).
L’architetto
Montagna riferisce del vasto ambiente del piano terra, di circa 400 mq, che ha la
caratteristica di avere il tetto a due
spioventi, o “a tenda” o “alla saracina” (Leone
Cardinale 1907).
Quest’ambiente
ha un proprio ingresso dal piazzale e pure un corridoio anch’esso scavato, che
lo collega con l’ambiente a tholos. “Evidente,
scrive Montagna, è la sua destinazione
originaria: una grande camera funeraria, con due lunghi letti di posa
parietali” (Montagna 2004:65) destinata come
dirà più avanti , ad accogliere le spoglie mortali di Minosse. L’idea di
Minosse alla Gurfa nasce dalla “felice” intuizione di Bendetto Rocco che vide “sovrapponibile” la sezione verticale
degli ambienti del piano terra della Gurfa alla sezione verticale del tesoro
d’Atreo di Micene (Rocco 1995:54-63).
Grotte della Gurfa. Pianta della tholos di Micene e della tholos
di Alia sovrapposte. Sezione della tholos di Micene e della tholos di Alia
sovrapposte. Da B. Rocco 1995.
Debbo
ricordare che l’esistenza di questo camerone è, a parer mio, alquanto recente
se si condivide quanto scrive della Gurfa uno storico
molto stimato, Luigi Tirrito.
L’architetto
Carmelo Montagna scrive in proposito:“Sulla
Città e Comarca di Castronovo di Sicilia”di Luigi Tirrito, stampato a Palermo
nel 1873 in due volumi, è un’opera di ricerca storica indispensabile per chi
vuole documentarsi sul territorio che gravita sulla Comarca di Castronovo di
Sicilia. Per le notizie che ci dà sulla Gurfa di Alia è addirittura
consultazione indispensabile ma di difficile reperimento”. Fa seguire il
testo di Tirrito riguardante la Gurfa: “Sono
notabile presso la casa ove sedea l’amministratore di Gurfa due grotte cavate
nella collina; una a pian terreno, della forma di una campana che prender luce
dalla porta e da un foro nel culmine della stessa; un’altra a pochi passi di
distanza, divisa in tre stanze, con un salone centrale, comenicantesi fra di
loro per vani di finestre. vi si salisce per una scala di sette grafini cavati
nel sasso. In una di esse stanze evvi una cisterna, di cui s’ignora la
profondità. Si veggono nel frontespizio di questa grotta geroglifici logori”(Tirrito 1873:182).
Le Grotte della Gurfa descritte da Luigi Tirrito 1873
“Il grande
“megalite” esterno alla thòlos, sul pianoro di accesso agli ambienti, a nostro
parere, ha l’aria di essere la parte più antica che si
vede alla Gurfa”.
Certamente ! ha la stessa età della montagna !
Il "megalite esterno", secondo C. Montagna 2004, fig 25
Del
lungo discorso che segue non ho nulla capito né
il contesto nè ancor meno il nesso col
monumento rupestre. Non è il caso di richiamare il significato etimologico ma
almeno ricordare il significato di megalite:
grande masso grezzo o appena sbozzato, infisso nel terreno, non sempre con
funzioni religiose o funerarie; tutto il resto è fantasia. Il megalite a cui fa riferimento Montagna è un
masso molto più grande di tanti altri generati dal collasso della collina che
diede luogo all’attuale falesia.
Della
vasta area di frane resta intonsa la parte settentrionale del parco ove
risiedono le tombe della necropoli preistorica mentre le altre frane sono state
rimosse per creare il piazzale di accesso alle cavità del piano terra di più
recente realizzazione.
Grotte della Gurfa, pianta e sezione del primo livello. Da P.
Marescalchi 1995.
C.g (p.68).
In
questo paragrafo descrive le quattro “stanze” del primo piano. Alla descrizione
puntuale dei vasti ambienti Montagna si avventura, non entro nel merito, a
narrare complesse destinazioni d’uso e di rituali necessitari di una reggia,
impossibili da compiere negli attuali 193 metri quadri di superficie
disponibile.
Fra
le tante riflessioni, l’autore, si sofferma sui “misteriosi fori doppi
passanti, i “rope holes” (fori da
fune), presenti in tutti gli angoli degli ambienti messi in evidenza da Silvana
Braida e dalla stessa rapportati ai fori binari presenti nell’ipogeo maltese di
Hal Saflieni” (Montagna 2004:70). Si può dire
siano state paragonati due fenomeni di specie diversa.
Grotte della Gurfa, pianta del secondo livello. Da P. Marescalchi 1995.
D. Qualche prima
conclusione (p.71).
Come
sempre non riesco a seguire i concetti espressi e, per tema di errare nel
riassumerli, copio un tratto integralmente: “La
thòlos della Guirfa è la realizzazione completa e visibile della possibilità di
contatto salvifico con il sovrasensibile e con l’idea di una divinità
superiore, che l'uomo
protostorico ha già perfettamente delineato. E’ la risposta
architettonica arcaica che, qui come altrove nel Mediterraneo ed in
Mesopotamia, fra il III ed il II millennio a.C. viene data alla domanda
fondamentale sul senso della vita ed al perché della morte. E’ la realizzazione
funeraria e rituale per il viaggio ultimo nel post-mortem dell’autorità
spirituale che esercita la responsabilità del comando nel gruppo sociale e che
garantisce la trasmissione “iniziatica della “regalità” del potere attraverso
il rito ed il culto templare
che si tramanda ne suo santuario” (Montagna
2004:73).
Grotte della Gurfa, sezione del
secondo livello. Da P. Marescalchi 1885.
E.1.
La problematica megalitica alla Gurfa (p.74).
In
questo paragrafo Montagna mescola argomenti che non riesco a seguire e chiedo:
Che nesso vi è fra il monumento rupestre della Gurfa, il “megalitismo europeo e siciliano”, il “menhir esterno” sic., il “Bicchiere
campaniforme” di cui parla ? Lo studioso afferma: “Alla obiezione che alla Gurfa non è mai stato trovato il Bicchiere o
qualche suo reperto, rispondiamo con un’altra domanda <ma è mai stato
cercato dall’archeologia ufficiale>”? Chi mai ha obbiettato!
E.2 Il sostrato egeo-minoico e la saga di
Minosse-Dedalo-Kokalos alla Gurfa (p.77).
Leggende,
miti, indizi non fanno parte dell’archeologia
che chiede documentazione inconfutabile. Discuto soltanto un “reperto”
che secondo Montagna assume testimonianza archeologica; scrive: “L’iscrizione rinvenuta alla Gurfa da
Benedetto Rocco su Melqart/Eracle e Ashtart, già citata, è da
inserire prettamente nel processo di continuità e sovrapposizione fra i culti
di Minosse ed Eraclea in Sicilia” “Ipotizza perciò Benedetto Rocco
sull’iscrizione riferita al Merqart/Eracle <…la trasformazione della Gurfa a
luogo di culto fenicio, o l’offerta, da parte di un devoto, di un vistoso dono
votivo, tale da richiedere una menzione speciale per i secoli futuri>” (Montagna 2004:86-87).
Vaso campaniforme
Non
entro nel merito dell’interpretazione e neppure sull’identificazione dei caratteri
fenici, latini, greci o d’altro. Posso affermare, ripetendomi, che i caratteri,
comunque letti, e presentati esclusivamente
con un fac-simile, il che non è scientifico, non sono segni prodotti intenzionalmente sulla roccia ma
sono “guasti”, piuttosto labili, prodotti dalla vegetazione ed anche dalle
lucertole. Non a caso la “scoperta”, molto importante se fosse stata vera, non
ha trovato accoglienza nel mondo scientifico.
Grotte della Gurfa. “Santuario
triangolare” alla Gurfa. Da C. Montagna 2007.
Grotte della Gurfa. Frammento di
“idoletto” dentro il vano “triangolare alla Gurfa.
Da C. Montagna 2007.
Grotte della Gurfa. “Postazione di difesa e controllo del territorio
lungo la via d’accesso”.
Da C. Montagna 2004.
E.3. Iconologia e simboli alla thòlos della Gurfa (p.95).
Con una certa fatica ho letto anche le pagine che concludono lo studio perché mi è occorsa molta attenzione essendo estranei per me miti, leggende e raffronti incomprensibili; fra i nomi che ho letto: Goethe, Mario Botta, San Bonaventura, Platone, Plutarco, il Pantheon a Roma, (la) Cappella Palatina di Palermo.
Per
concludere, un periodo: “In chiusura
d’indagine, scrive Montagna, ci
sembra di potere affermare che alla thòlos
della Gurfa opera uno dei grandi architetti della protostoria siciliana,
almeno fino alla costruzione già in tempo storico del tempio di Eracle ad
Agrigento (fine del VI sec. a.C.) , o del tempio
di Apollo a Siracusa (inizi VI sec. a.C., forse il più antico di Sicilia). In
assenza di altri riscontri, molto probabilmente è da identificare con la stessa
figura mitologica di Daidaleos-Dedalo,
impegnato nella realizzazione della
sepoltura della figura mitologica di Minos-Minosse in Sikania”. (Montagna 2004:111).
Le “grotte” della Gurfa e la fossa granaria prima della visita di Luigi
Tirrito (1873).
Ringrazio Franca
Padronaggio per la revisione del testo
BIBLIOGRAFIA
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tracce di Minosse, luoghi, sacralità e Misteri”, a cura di C. Montagna,
Palermo
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-Montagna C., 2004 – “Segni, Simboli e Sacralità arcaica alla thòlos della Gurfa”, in AA.VV.
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-Montagna C., 2009 – “Il tesoro di Minosse, l’architettura della Gurfa di Alia fra Preistoria
e Misteri”, Palermo.
-Montagna
C., 2014 – “Thòs: struttura di culto,
potere e salvezza nell’architettura protostorica siciliana. Luoghi, reperti e
relazioni fra mito e realtà del paesaggio archeologico”, in <Santi,
Santiari, Pellegrinaggi>
-Rocco B., 1995 – “Mediterranei e Fenici alla Gurfa di Alia”, in <La Gurfa ed il
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-Runfola M., 1978 – “Le Grotte della Gurfa fra mito e realtà”, in <Novalia>, Alia,
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